Le Banane della Repubblica
Bisogna prenderli sul serio, senza mai prenderli troppo sul serio. Stanno in cima al palcoscenico politico e a quello dello spettacolo che da gran tempo coincidono. Sono i padroni della scena pubblica, e sono fatti apposta per interferire in quella nostra privata. Da Berlusconi a Grillo. Da Mario Draghi a Celentano. Da Chiara Ferragni a John Elkann. Passando per Gianni Letta, Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Luigi Di Maio, Virginia Raggi. Fino a Emma Bonino, Clemente Mastella, Vittorio Sgarbi e persino Flavio Briatore.
Quarantanove ritratti. Quarantanove istantanee sull’Italia di oggi. E un Giulio Andreotti in forma di post scriptum che li precede tutti.
«Ho pensato di chiamare i titolari di queste storie le Banane della Repubblica per due ragioni. La prima è che sono frutti smaglianti, un tempo esotici, oggi comuni, sia detto a fin di bene, anche se stanno al centro della tavola sociale. Ognuno di loro ha un sapore, qualche volta suadente, qualche volta disturbante, dipende dai gusti. Ci assomigliano nel bene e anche nel male, la loro storia è sempre una parte della nostra, anche quando non ci piace.La seconda ragione è (naturalmente) l’assonanza con quelle Repubbliche delle Banane, situate per lo più in Centro America, a metà dell’altro secolo, a dirne il disordine economico, politico e sociale e anche psichiatrico».
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